C’è amianto nelle ceramiche finite nelle case di mezza Italia.

2 Dicembre 2019

Era contaminata la cava in Sardegna che per anni ha servito le fabbriche nel Lazio e in Emilia.

Amianto nelle ceramiche – Questa è una storia a cui si fa fatica a credere. Eppure è vera, e comprovata da decine di documenti.

Si può riassumere così: nonostante 25 anni fa una legge abbia vietato l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, si scopre che un intero comparto produttivo italiano ha continuato a usarlo (a sua insaputa) fino alla fine del 2016.

La scoperta, come spesso capita, è casuale

Nella primavera del 2015, un ispettore della Asl di Viterbo trova tracce di amianto nell’azienda “Minerali Industriali” di Gallese, nel distretto di Civita Castellana dove si produce il 70% delle ceramiche sanitarie italiane. Come ad esempio , lavabo, water, piatti doccia e bidet e un bel pezzo anche di quelle da rivestimento (piastrelle).

La cosa, ovviamente, non dovrebbe succedere. Ma le analisi successive della stessa Asl e del Politecnico di Torino confermano che nell’impasto con cui si produce la ceramica che poi finisce nelle case di migliaia di italiani c’è la “tremolite”. Si tratta un tipo di amianto tra i più pericolosi per la salute e in quantità assai superiori ai limiti di legge (peraltro altissimi).

L’azienda viene immediatamente sequestrata per la bonifica, e della cosa viene chiamata a occuparsi la Procura di Viterbo. Al momento ha iscritto 5 persone nel registro degli indagati, per la violazione della legge sulla sicurezza sul lavoro.

È qui che la storia si allarga e finisce addirittura alla commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti. Questo soprattutto grazie all’interessamento di Alberto Zolezzi, deputato del M5S, che di mestiere fa il medico ospedaliero, ed è specializzato nelle malattie dell’apparato respiratorio.

In Parlamento, a inizio novembre, arriva ad esempio una nota firmata dal sostituto procuratore di Viterbo, Massimiliano Siddi, che allarga il campo della vicenda

Nel corso del procedimento – scrive – è stata disposta la perquisizione di 56 ditte del distretto ceramico di Civita Castellana, utilizzatrici dei materiali lavorati e commercializzati dal sito ‘Minerali Industriali’ di Gallese, al fine di accertare se sussistesse contaminazione dei luoghi di lavoro e, conseguentemente, pericolo per i lavoratori esposti (…) Il 29 marzo 2016 il consulente tecnico ha concluso per la presenza di amianto nei campioni messi a disposizione”.

Insomma, l’amianto è stato trovato in una sessantina di aziende in un distretto che ne conta meno di 300

La percentuale di prodotti potenzialmente contaminati venduti in Italia e all’estero, insomma, è abbastanza alta.

Ma non è finita qui: rispondendo a un’interrogazione di Zolezzi nel luglio 2016, il governo ha rivelato che : “gli approfondimenti in corso hanno riscontrato ulteriori indizi che coinvolgono altre aziende sul territorio nazionale impegnate nel settore”.

Significa una cosa sola, peraltro confermata dalle informazioni acquisite dagli stessi pm viterbesi: la ceramica all’amianto è finita anche nel distretto di Sassuolo, il più importante d’Italia. In Emilia, però, al momento non risultano inchieste, né accertamenti di alcun tipo.

Infine c’è il tema dello smaltimento

Un pavimento in ceramica finisce in normali discariche per quel materiale. Ma ovviamente,  se contiene amianto andrebbe trattato come un rifiuto speciale, mettendo in sicurezza il terreno e le falde acquifere.

Finora, i magistrati e le  autorità coinvolte non sembrano interessati a tracciare tutti i prodotti a rischio venduti in questi anni. Eppure che l’amianto sia pericoloso lo dice la legge e la Costituzione aggiunge, se non fosse intuitivo, che la tutela della salute dei cittadini è un dovere della Repubblica.

 

FONTE: https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2017/03/25/ce-amianto-nelle-ceramiche-finite-nelle-case-di-mezza-italia/3474321/?fbclid=IwAR1pEXdkjZpJXwStL-xcO06lFzFQkH7zimq7RC5doyWfy9zLIhNIK_5xUto

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